Ramona Parenzan presenta “Babel Hotel” e “Intrusi”

Ramona Parenzan autrice dei libri “Babel Hotel” e “Intrusi”  racconta l’immigrazione di ieri e l’immigrazione di oggi  accompagnamento musicale di Andrea Arrighi

Ramona Parenzan autrice dei libri “Babel Hotel” e “Intrusi”  racconta l’immigrazione di ieri e l’immigrazione di oggi  accompagnamento musicale di Andrea Arrighi

Giovedì 29 marzo ore 17,45

Introduce Valerio Crugnola

Sede: Spazio ScopriCoop, via Daverio 44 Varese

Babel Hotel  è una “presa di parola” collettiva sul tema delle città plurali e delle diverse forme di marginalizzazione sociale causate anche dal sentimento di paura legato alla venuta dei nuovi intrusi: i migranti. Ma, sopratutto, è una potente metafora, una tensione verso il futuro: qualcosa “a venire” che potrebbe con il tempo superare il margine narrativo per trasformarsi in un progetto creativo, sociale e politico più ampio. Che cosa accade ogni giorno all’interno di un gigantesco condominio composto da 480 appartamenti e abitato, in estate, da tremila persone con lingue, culture e provenienze differenti?
Come le esistenze e i sogni degli inquilini di questo strano ma realissimo luogo si intrecciano – e a volte si scontrano – con quelle degli abitanti della limitrofa cittadina di mare marchigiana? «L’Hotel House è la metafora di un mondo globalizzato, in cui esistono identità liquide e insieme rigide frontiere. Non si trova solo a Porto Recanati ma contemporaneamente in Senegal e in Tunisia, a Roma e a Brescia, in Pakistan e in America». (dalla presentazione di Simone Brioni)

Intrusi. Vuoto comunitario e nuovi cittadini. La paura dei “nuovi intrusi”, degli extra-comunità, accanto al timore di una società meticcia e plurale, sono fonte di sofferenza e di risentimento. All’interno di questa cornice, la “comunità” viene sempre più spesso evocata o reinventata, come succede nei momenti di sbandamento e di crisi sociale. Comunità immaginate sono la comunità pura (stesso sangue, stesso idioma) di chi si chiude davanti all’invasione “aliena” dei migranti, la comunità perduta di chi si stringe disperatamente intorno alla nostalgia di una terra abbandonata emigrando, ma anche la palanka(il villaggio) quasi tribale della tradizione balcanica o l’altrettanto tribale quartiere romano dove si fantasticano fratellanza, buona vita o romantica mala vita. Questi differenti prototipi di comunità/spot, attraverso processi di mutazione dalle tinte inquietanti, si prestano a divenire luoghi virtuali della strage e della perversione. La scelta dell’autrice di procedere per testimonianze letterarie costituisce un dato performativo. Nel libro, infatti, filosofi, scrittori migranti, colf, rifugiati ma anche le cosiddette seconde generazioni e i giovani delle banlieue, prendono la parola e rompono il monologo di tutti coloro che offrono/na- scondono i migranti davanti all’opinione pubblica nella più frequente e offensiva variante criminalizzante o in quella soft dell’accoglienza selettiva. Attraverso una partizione di scritture e punti di vista, l’autrice cerca di rintracciare modelli inauditi di fare comunitàe, insieme, di ipotizzare forme impensate di con-cittadinanza o cittadinanza diasporica.

RAMONA PARENZAN è laureata in filosofia e attualmente iscritta al corso di specialistica in sociologia della multiculturalità all’università di Urbino. Da anni operatrice e formatrice sui temi della multiculturalità. Insegna italiano lingua seconda a minori e adulti stranieri. Tra le sue pubblicazioni: Ti racconto il mio paese: Albania (con Valbona Jakova), Vannini editrice, 2002. Ti racconto il mio paese: Serbia e Montenegro, Vannini editrice, 2005 (con Nada Strugar). Di Sokol Jakova ha curato Donne, cacciatori e perfidi imbroglioni. I personaggi della saggezza popolare albanese, Sinnos 2006

Ramona Parenzan autrice dei libri “Babel Hotel” e “Intrusi”  racconta l’immigrazione di ieri e l’immigrazione di oggi  accompagnamento musicale di Andrea Arrighi

Giovedì 29 marzo ore 17,45

Introduce Valerio Crugnola

Sede: Spazio ScopriCoop, via Daverio 44 Varese

Babel Hotel  è una “presa di parola” collettiva sul tema delle città plurali e delle diverse forme di marginalizzazione sociale causate anche dal sentimento di paura legato alla venuta dei nuovi intrusi: i migranti. Ma, sopratutto, è una potente metafora, una tensione verso il futuro: qualcosa “a venire” che potrebbe con il tempo superare il margine narrativo per trasformarsi in un progetto creativo, sociale e politico più ampio. Che cosa accade ogni giorno all’interno di un gigantesco condominio composto da 480 appartamenti e abitato, in estate, da tremila persone con lingue, culture e provenienze differenti?
Come le esistenze e i sogni degli inquilini di questo strano ma realissimo luogo si intrecciano – e a volte si scontrano – con quelle degli abitanti della limitrofa cittadina di mare marchigiana? «L’Hotel House è la metafora di un mondo globalizzato, in cui esistono identità liquide e insieme rigide frontiere. Non si trova solo a Porto Recanati ma contemporaneamente in Senegal e in Tunisia, a Roma e a Brescia, in Pakistan e in America». (dalla presentazione di Simone Brioni)

Intrusi. Vuoto comunitario e nuovi cittadini. La paura dei “nuovi intrusi”, degli extra-comunità, accanto al timore di una società meticcia e plurale, sono fonte di sofferenza e di risentimento. All’interno di questa cornice, la “comunità” viene sempre più spesso evocata o reinventata, come succede nei momenti di sbandamento e di crisi sociale. Comunità immaginate sono la comunità pura (stesso sangue, stesso idioma) di chi si chiude davanti all’invasione “aliena” dei migranti, la comunità perduta di chi si stringe disperatamente intorno alla nostalgia di una terra abbandonata emigrando, ma anche la palanka(il villaggio) quasi tribale della tradizione balcanica o l’altrettanto tribale quartiere romano dove si fantasticano fratellanza, buona vita o romantica mala vita. Questi differenti prototipi di comunità/spot, attraverso processi di mutazione dalle tinte inquietanti, si prestano a divenire luoghi virtuali della strage e della perversione. La scelta dell’autrice di procedere per testimonianze letterarie costituisce un dato performativo. Nel libro, infatti, filosofi, scrittori migranti, colf, rifugiati ma anche le cosiddette seconde generazioni e i giovani delle banlieue, prendono la parola e rompono il monologo di tutti coloro che offrono/na- scondono i migranti davanti all’opinione pubblica nella più frequente e offensiva variante criminalizzante o in quella soft dell’accoglienza selettiva. Attraverso una partizione di scritture e punti di vista, l’autrice cerca di rintracciare modelli inauditi di fare comunitàe, insieme, di ipotizzare forme impensate di con-cittadinanza o cittadinanza diasporica.

RAMONA PARENZAN è laureata in filosofia e attualmente iscritta al corso di specialistica in sociologia della multiculturalità all’università di Urbino. Da anni operatrice e formatrice sui temi della multiculturalità. Insegna italiano lingua seconda a minori e adulti stranieri. Tra le sue pubblicazioni: Ti racconto il mio paese: Albania (con Valbona Jakova), Vannini editrice, 2002. Ti racconto il mio paese: Serbia e Montenegro, Vannini editrice, 2005 (con Nada Strugar). Di Sokol Jakova ha curato Donne, cacciatori e perfidi imbroglioni. I personaggi della saggezza popolare albanese, Sinnos 2006.

Giovedì 29 marzo ore 17,45

 Introduce Valerio Crugnola

Sede: Spazio ScopriCoop, via Daverio 44 Varese

Babel Hotel  è una “presa di parola” collettiva sul tema delle città plurali e delle diverse forme di marginalizzazione sociale causate anche dal sentimento di paura legato alla venuta dei nuovi intrusi: i migranti. Ma, sopratutto, è una potente metafora, una tensione verso il futuro: qualcosa “a venire” che potrebbe con il tempo superare il margine narrativo per trasformarsi in un progetto creativo, sociale e politico più ampio. Che cosa accade ogni giorno all’interno di un gigantesco condominio composto da 480 appartamenti e abitato, in estate, da tremila persone con lingue, culture e provenienze differenti?
Come le esistenze e i sogni degli inquilini di questo strano ma realissimo luogo si intrecciano – e a volte si scontrano – con quelle degli abitanti della limitrofa cittadina di mare marchigiana? «L’Hotel House è la metafora di un mondo globalizzato, in cui esistono identità liquide e insieme rigide frontiere. Non si trova solo a Porto Recanati ma contemporaneamente in Senegal e in Tunisia, a Roma e a Brescia, in Pakistan e in America». (dalla presentazione di Simone Brioni)

Intrusi. Vuoto comunitario e nuovi cittadini. La paura dei “nuovi intrusi”, degli extra-comunità, accanto al timore di una società meticcia e plurale, sono fonte di sofferenza e di risentimento. All’interno di questa cornice, la “comunità” viene sempre più spesso evocata o reinventata, come succede nei momenti di sbandamento e di crisi sociale. Comunità immaginate sono la comunità pura (stesso sangue, stesso idioma) di chi si chiude davanti all’invasione “aliena” dei migranti, la comunità perduta di chi si stringe disperatamente intorno alla nostalgia di una terra abbandonata emigrando, ma anche la palanka(il villaggio) quasi tribale della tradizione balcanica o l’altrettanto tribale quartiere romano dove si fantasticano fratellanza, buona vita o romantica mala vita. Questi differenti prototipi di comunità/spot, attraverso processi di mutazione dalle tinte inquietanti, si prestano a divenire luoghi virtuali della strage e della perversione. La scelta dell’autrice di procedere per testimonianze letterarie costituisce un dato performativo. Nel libro, infatti, filosofi, scrittori migranti, colf, rifugiati ma anche le cosiddette seconde generazioni e i giovani delle banlieue, prendono la parola e rompono il monologo di tutti coloro che offrono/na- scondono i migranti davanti all’opinione pubblica nella più frequente e offensiva variante criminalizzante o in quella soft dell’accoglienza selettiva. Attraverso una partizione di scritture e punti di vista, l’autrice cerca di rintracciare modelli inauditi di fare comunitàe, insieme, di ipotizzare forme impensate di con-cittadinanza o cittadinanza diasporica.

RAMONA PARENZAN è laureata in filosofia e attualmente iscritta al corso di specialistica in sociologia della multiculturalità all’università di Urbino. Da anni operatrice e formatrice sui temi della multiculturalità. Insegna italiano lingua seconda a minori e adulti stranieri. Tra le sue pubblicazioni: Ti racconto il mio paese: Albania (con Valbona Jakova), Vannini editrice, 2002. Ti racconto il mio paese: Serbia e Montenegro, Vannini editrice, 2005 (con Nada Strugar). Di Sokol Jakova ha curato Donne, cacciatori e perfidi imbroglioni. I personaggi della saggezza popolare albanese, Sinnos 2006