Pagine di territorio: racconti e visioni fotografiche di (s)confine (Benzoni, 2013)

Terra di confine, il Varesotto: e non solo per quella linea di demarcazione con il territorio svizzero, solo l’ultimo dei limiti territoriali che ne ha condizionato la storia. Il primo fu appunto il “limes” romano, che lo divideva dai territori barbarici e che ancora oggi ha le sue vestigia nelle torri di avvistamento disseminate qua e là. Ma prima della storia, nella preistoria, gli insediamenti risentivano di questa contaminazione tipica del passaggio continuo di popolazioni in una zona di frontiera. Chi scrive conserva ancora, dono del barcaiolo che faceva la spola all’Isolino Virginia, un bulino in ossidiana che aveva recuperato in quell’insediamento palafitticolo sul lago di Varese che risaliva a più di tre millenni fa. L’ossidiana non è una pietra di questi luoghi, e qualcuno di passaggio l’aveva portata agli autoctoni. Questa caratteristica del passaggio si adatta bene ai racconti eterogenei che l’ editore Benzoni ha raccolto nel libro “Pagine di territorio” (2013), dove sedici autori (più un fotografo) si cimentano nel racconto breve per descrivere persone e luoghi di questa periferia geografica, così tenace nelle sue caratteristiche di paesaggio (montagne, laghi, valli, fiumi) quanto variegata e sfuggente nella dimensione umana. Non c’è altro filo conduttore, a parte il territorio, che tenga assieme i soggetti narrativi altrimenti dissimili nei tempi e negli spazi umani: così è forte il rischio di smarrirsi nel percorso a zig zag dei racconti, se non fosse che questi brandelli di vita umana e sociale – quasi casualmente riportati alla luce dagli autori, proprio come dei reperti fossili – si prestano ad accendere nella fantasia del lettore un percorso tutto personale di rivisitazione. Quel territorio mai completamente posseduto, per quanto frequentato e vissuto, assume angolazioni sempre nuove da cui soffermarsi a contemplarlo. Per la comprensione c’è sempre tempo, anche se tornano alla mente, per decifrarne il mistero, le parole con cui Alessandro Manzoni chiosava il capitolo dei Promessi Sposi in cui si narra la vicenda di Geltrude, la monaca di Monza: “Forse se ne sarebbe potuto saper di più, se, in vece di cercar lontano, si fosse scavato vicino.” E’ questa la chiave di accesso ?